EREMO SANTA CHELIDONIA
Bosco, roccia, eremitismo, storia medievale. Ecco il mélange di un’escursione che ha per obiettivo l’eremo di Santa Chelidonia alla Morra Ferogna, nel parco regionale dei Monti Simbruini. Lasciata Subiaco, con le sue memorie benedettine, si segue la provinciale 40b fino all’ingresso della frazione di Vignola. Esattamente al km 3,9 troviamo la segnaletica per l’eremo (sentiero 671). La stradina sulla destra e poi il sentiero vanno su, ripidi. Una salita priva di allegoria e di misericordia, ma per fortuna breve. Novanta minuti sono sufficienti per superare i meno di quattrocento metri di dislivello. Chi vuol risparmiare qualche metro e qualche minuto può partire dalla frazione Iegli, un po’ più in alto.
L’inizio dell’escursione
Si sale sulla verticale dell’evidente rupe della Morra Ferogna. Giunti alla base dello sperone roccioso ci si sposta sulla destra per intercettare il sentiero che segue la valle di Monte Calvo, antica via di transumanza pastorale tra la valle dell’Aniene e le praterie in quota dei Simbruini. L’abbondante segnaletica (bandierine, paline, frecce di legno, pannelli) ci fa compagnia fino ai mille metri di quota dell’eremo e degli sgrottamenti successivi.
Le rovine del monastero
Inaspettate sono le rovine di un antico monastero, di cui vediamo i resti dei muri portanti e due grandi archi gotici affacciati sulla china boscosa, da cui lo sguardo spazia sulla città di Subiaco e i monti Affilani.
L’eremo e il rifugio
La chiesetta dell’eremo rupestre è in parte scavata nella roccia e conserva i resti di un affresco della Majestas Domini. Appena al di là è il piccolo rifugio costruito per accogliere i pellegrini. Il recente restauro del 2013 ha messo in sicurezza il sentiero e restituito agibilità al complesso. Si può salire sino alla sorgente, percorrendo la base della parete rocciosa, nella quale si aprono ripari naturali e grotte carsiche.
La Maestà dipinta nella grotta
Retrocedendo all’ingresso dell’area sacra, si può ora seguire il sentiero per la Morra Ferogna. Traversata una fascia di bosco, si approda alla base della grande roccia e a una grotta chiusa da lamiere.
La Morra Ferogna
Seguendo la segnaletica, ci s’inerpica tra le roccette (qualche passaggio richiede piede sicuro) e si raggiunge la terrazza sommitale, dov’è una grande croce. Il panorama si allarga alla media valle dell’Aniene e ai monti Ruffi e Prenestini. Il ritorno – a meno che non si voglia proseguire verso monte Calvo – segue il percorso dell’andata.
La croce della Morra
Resta da spiegare la presenza del cenobio in un luogo che sembra appetibile solo a un eremita. Questo monastero fu costruito nel 1161 dall’abate di Subiaco per ospitarvi una comunità religiosa femminile. Fu intestato inizialmente a Santa Maria Maddalena, facendo memoria della sua vita solitaria e penitente. Dotato di terre e restaurato a metà del Duecento, rimase attivo fino alla soppressione decretata agli inizi del Quattrocento. La natura impervia del luogo, la difficoltà dei rifornimenti e le scorribande della soldataglia consigliarono il trasferimento delle monache a Subiaco, in un luogo più sicuro.
Subiaco e la valle dell’Aniene
L’eremo è tuttavia più noto per la sua successiva dedicazione duecentesca a Santa Chelidonia, nome che in greco significa «rondine». Chelidonia (ma il nome originario doveva essere Cleridona) è un’affascinante figura dell’eremitismo femminile, che fu seguace del carisma di San Benedetto e della sorella Scolastica. Pur se totalmente medievale nella cultura e nelle forme di vita, Chelidonia desiderava il ritorno della chiesa a uno stile evangelico e povero, in polemica contro le sue deviazioni secolari; aveva il coraggio di censurare con fermezza i comportamenti degli abati del tempo, attratti dal potere e dalla potenza delle armi e del denaro. I suoi peregrinaggi a piedi sui sentieri dei monti Simbruini ne fanno persino il prototipo di un’escursionista ante litteram, amante della vita selvaggia. Nata in una famiglia agiata e colta, proprietaria di terre e fabbricati nella valle del Salto, verso l’età dei vent’anni, si reca in viaggio a Roma per visitare i luoghi cristiani. Qui Cleridona (Chelidonia – Rondine) legge la biografia di San Benedetto nei “Dialoghi” di San Gregorio Magno e ne resta affascinata. Lascia la casa paterna per trasferirsi (a piedi) nell’insediamento benedettino di Subiaco.
Il ritratto di Santa Chelidonia nel Sacro Speco
Da laica, sceglie la vita solitaria e si ritira nelle grotte della Morra Ferogna. Dopo diciassette anni di riflessione penitenziale prende il velo di monaca benedettina, e torna al suo eremitaggio. Salvo qualche “spaziamento” per la partecipazione alle liturgie e a pellegrinaggi vi resterà fino alla morte, nel 1151. Ecco la confessione della sua vita, a mo’ di epigrafe: “Ho rinunciato ai beni di famiglia, nulla posseggo. Vivo accanto alla Morra, ho gli uccelli per compagni e poveri pastori al passo, vi con-divido il pane. Credo nel Cristo ucciso dai potenti, risorto dai morti, fondatore della Chiesa della pace, speranza dell’umanità, in cammino verso un regno dove i ricchi e i potenti non entreranno!”.
(fonte: blogcamminarenellastoria.wordpress.com)
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